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Nov

I PIR (piani individuali di risparmio)

I piani individuali di risparmio sono strumenti di investimento, dedicati alle persone fisiche, con la finalità di aiutare il tessuto economico delle piccole e medie imprese nazionali. Sono stati introdotti nel 2017, con la legge di bilancio, e sono forme di investimento fiscalmente agevolate, a medio lungo termine, capaci di veicolare i risparmi degli investitori verso l’economia reale italiana. Le piccole e medie imprese hanno poche opportunità di accedere al mercato dei capitali; i PIR mirano a colmare questo gap e forniscono liquidità, tramite investimento, a quelle imprese meritevoli che vogliono riuscire a crescere ed espandersi senza far fronte al canale del finanziamento bancario (oppure necessitano di diversificare le fonti di finanziamento per rendere la loro struttura finanziaria più resiliente).

I PIR sono solitamente creati e gestiti da società di gestione del risparmio (SGR), ma possono avere anche natura assicurativa o essere inseriti nell’ambito del regime di risparmio amministrato. Per cui i PIR possono essere costruiti anche “home made”; oltre alla possibilità di sottoscrivere quote di un fondo costruito da una società di gestione del risparmio un risparmiatore potrebbe crearsi il suo. La normativa permette infatti di aprire un conto PIR direttamente presso un proprio deposito titoli, ossia il dossier che la banca o l’intermediario predispone per i nostri investimenti 

Non possono essere sottoscritti da persone giuridiche né da aziende ma sono dedicati ai piccoli investitori. Un investitore può sottoscrivere soltanto un PIR alla volta per cui non può essere “proprietario” di più di un PIR.

I PIR possono essere intestati anche i minori di età.

Ogni risparmiatore non può superare i 30.000€ euro di investimento annui nel PIR. Il patrimonio totale versato nel PIR non può, invece, superare i 150.000€ per singolo investitore. Come vantaggio fiscale, l’investitore otterrà un abbattimento di tutto il carico fiscale se manterrà la sua posizione aperta per almeno 5 anni nel PIR: in altri termini non pagherà tasse sui capital gain, dividendi, successione e donazioni. 

Il metodo di calcolo “dell’anzianità dell’investimento” è di tipo “rolling”. Ogni versamento nel PIR ha anzianità a sé stante; ipotizziamo di fare due versamenti da 15.000€, uno il 1 Gennaio 2022 ed uno il 1 Giugno 2022, il primo versamento maturerà i benefici fiscali in 1 Gennaio 2027 e l’altro il 1 Giugno 2027.

La principale caratteristica dei PIR è che il “Capital Gain” eventualmente generato non viene tassato dopo i 5 anni di anzianità.

I piani di investimento individuale non hanno una durata massima. E’ invece definita solo una durata minima di 5 anni sopra i quali non verranno applicate tasse sulle rendite finanziarie. 

I PIR non sono soggetti all’imposta di successione né a quella di donazione.

Perché l’investimento sia conforme alla normativa PIR deve rispettare i seguenti criteri:

  • non superare i 30.000€ annui (anno solare) e i 150.000€ complessivi;
  • gli strumenti finanziari di uno stesso emittente e la liquidità che lo compongono non devono essere superiori al 10% dell’investimento totale;
  • per quanto riguarda la composizione del PIR, almeno una parte (70%) dell’investimento totale è destinata a strumenti finanziari cosiddetti “qualificati”, ossia emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italia.
    Nella prima generazione dei PIR (anni 2017/2018) c’era l’obbligo che il 30% del primo 70% (quindi una quota pari al 21%) dovesse essere investito in strumenti emessi da imprese di dimensioni minori (PMI), quotate ad esempio nei segmenti MidCap, Star, Standard o AIM Italia.
    I PIR creati a partire dal 1° gennaio 2019 (a seguito delle novità introdotte dalla Manovra di Bilancio 2019) devono obbligatoriamente investire il 3,5% del valore complessivo in obbligazioni e azioni di PMI ammesse alle negoziazioni su AIM Italia. Un altro 3,5% deve essere destinato a quote o azioni di fondi di venture capital (e non di private equity) residenti in Italia, che investono nelle stesse imprese che rispondono ai criteri sopra citati.
    Per i c.d. PIR di “terza generazione”, costituiti a partire dal gennaio 2020, la disciplina è stata rivista e corretta al fine di alleggerire alcuni vincoli e favorirne maggiormente la diffusione. Da un lato sparisce la quota del 3,5% del totale da investire in venture capital italiani, dall’altro la normativa prevede che (i) una soglia minima del 17,50% del valore complessivo degli investimenti del PIR venga investito in Mid Cap e/o Small Cap e (ii) una soglia minima del 3,50% del valore complessivo degli investimenti del PIR venga investito esclusivamente in Small Cap; 
  • gli strumenti finanziari sono detenuti, singolarmente o cumulativamente (quando si succedono l’uno all’altro in modo da essere considerati in modo unitario), per un periodo di tempo minimo di cinque anni;
  • gli strumenti finanziari che lo compongono non sono emessi o stipulati con soggetti residenti in Paesi non collaborativi;
  • le partecipazioni sociali che lo compongono non sono considerate “qualificate” ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c), del TUIR e del comma 100 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2017;
  • i redditi degli strumenti finanziari che lo compongono non concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile.

Gli investimenti “PIR conformi”, che rispettano quindi i vincoli elencati in precedenza, sono esenti dalla tassazione sulla successione e dalla tassazione sui capitali, maturati attraverso gli strumenti inclusi nel piano.

In caso di violazione di uno dei vincoli del piano, decade il beneficio fiscale collegato agli strumenti finanziari qualificati.

A Piazza Affari ci sono dei mercati in cui possono essere scelti i titoli che soddisfano i requisiti degli strumenti inseribili in un PIR. Oltre alle azioni del segmento Standard non inserite nel FTSE Mib ci sono i segmenti MidCap, Star e AIM.

Il MidCap è il paniere che raccoglie i titoli a media capitalizzazione. 

Lo STAR (acronimo di Segmento Titoli con Alti Requisiti) raggruppa le società con capitalizzazione compresa tra 40 milioni e il miliardo di euro. 

L’AIM, acronimo di Alternative Investment Market, è un mercato regolamentato gestito da Borsa Italiana e dedicato alle Pmi italiane ad alto potenziale di crescita. Permette alle imprese di accedere a un mercato finanziario dove operano soggetti selezionati e interessati alle small cap. Solo le imprese giudicate adeguate da Borsa Italiana possono accedere all’AIM. La procedura di ammissione è comunque più semplice rispetto a quella da seguire per accedere al mercato principale.

Il requisito di appartenenza della società che vogliamo inserire nel PIR è “istantaneo”, cioè al momento dell’acquisto dei titoli della società si deve valutare in quale segmento essa rientri; ciò che accade dopo è irrilevante (ad esempio una small cap potrebbe “esplodere” e diventare una grande società).

I PIR possono essere ottimi strumenti finanziari da inserire in portafoglio in un’ottica di diversificazione ed ottimizzazione fiscale. Ovviamente, il tutto deve essere fatto con una logica ben definita e come costruire e gestire il PIR deve essere studiato attentamente perché le caratteristiche che qualificano l’investimento nei PIR comportano l’assunzione di rischi in termini di concentrazione a livello geografico e di liquidità (con riferimento alla componente di titoli non quotati).